Un vero e proprio successo la seconda Edizione di EpliBriamoci, la rassegna culturale organizzata da Ente Pro Loco Italiane in occasione della Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore indetta dall’UNESCO.

La commissione nazionale di esperti quest’anno ha visionato 543 elaborati di studenti di terza media su un tema di forte impegno civico e di stretta attualità: “Le urla che arrivano dal mare: come integrare culture diverse?” in relazione alla tragedia umana dei migranti di Cutro.

La Commissione EpliBriamoci, innanzitutto, ringrazia tutti coloro che hanno partecipato con passione e dedizione a raccontare sentimenti e riflessioni dinanzi ad una simile tragedia del mare. E’ grazie ai ragazzi che coltivano il piacere della scrittura e l’amore per la cultura in generale che il Concorso EpliBriamoci continua a crescere, aumentando di notorietà e prestigio, ponendo sempre al centro la qualità degli scritti. Per la crescita e la formazione delle nuove generazioni è di primaria importanza credere ancora nella forza di una buona storia, nel valore delle idee, delle parole e delle immagini. Doveroso, poi, è il ringraziamento che rivolgiamo a tutte le scuole che quest’anno hanno partecipato, ai dirigenti scolastici, e, soprattutto, alle docenti senza le quali nulla sarebbe possibile. Il corpo docente ci ha dimostrato ancora una volta quanto sia appassionato al proprio lavoro. Il Covid e i relativi problemi che ha causato non hanno scalfito la loro energia.

Come commissione, continueremo a fare del nostro meglio, con nuove iniziative in serbo, per rendere EPLIbiramoci uno “spazio” accogliente per tutti coloro che desiderano mettersi alla prova e confrontarsi al fine di migliorare le comunità in cui vivono. Un concorso letterario è anche una “palestra” in cui gli aspiranti giovani scrittori possono esercitare la loro arte, affinando lo stile della loro scrittura.

Possiamo ritenerci orgogliosi e soddisfatti del nostro quotidiano lavoro di squadra.

Poste queste premesse, la Commissione Nazionale di Eplibriamoci ha ritenuto di indicare come vincitrice la studentessa Giovanna Maria Tancredi, IC Rende Centro (CS), per l’originalità della impostazione della scrittura.

Le invocazioni e le immagini dell’elaborato sono intense e palpabili, così come i sentimenti forti a cui rimandano.

In sede di motivazione, la Commissione esprime il proprio apprezzamento alla giovane autrice per aver espresso una visione intimistica di un evento catastrofico che ha distrutto uomini e cose: decisamente nuova questa interpretazione del naufragio, altalenante dal materiale allo spirituale, oscillante tra gli elementi concreti e quelli dell’anima. Pare quasi che l’autrice voglia assimilare ciò che è accaduto nei tragici momenti del disastro con ciò che accade nel cuore degli uomini, cosicché anche i sentimenti si alternano in direzioni diverse, a osservare effetti drammatici dentro e fuori dalle persone coinvolte nella tragedia.

Attingendo alle immagini del mare, emerge una forte partecipazione emotiva, pregna di sentimenti e di una esperienza vissuta attraverso l’uso di un linguaggio diretto e naturale. La sensibilità espressa attraverso questo racconto breve dimostra il grande interesse sociale per una tematica capace di attrarre e di scavare in profondità e che tutto raccoglie: conchiglie e pezzi di un naufragio.

La Commissione, poi, ha ritenuto di assegnare due menzioni speciali: una per l’Istituto Comprensivo di Viggiano (PZ) e l’altro per l’Istituto Comprensivo “Padre Pio da Pietrelcina” di Pisticci (MT), per la capacità di coinvolgere il territorio in un lavoro realizzato in forte sinergia tra studenti e docenti. I testi proposti intendono andare oltre la sofferenza, aprendo il cuore e la mente ad un’autentica speranza che vede nella comunità l’inizio di un cammino di ricostruzione sociale, civile e culturale, nel rispetto della propria identità storica, specie per i territori, come quelli teatro della tragedia, con una forte vocazione marittima. Il contributo offerto dai due Istituti, pertanto, merita un particolare riconoscimento in quanto interpreta la storia dell’umanità sofferente in ogni tempo e luogo. Da questo assunto si snoda un percorso che attraversa storie di povertà e di dolore collettivo, nelle cui narrazioni confluiscono esperienze culturali di grande spessore. Negli elaborati presentati i giovani si interrogano sul presente e sulle sue criticità, fino ad interiorizzarne il vissuto. Uno scorcio di vita e di umanità, pienamente in sintonia col progetto EpIiBriamoci, che ha toni suggestivi ed emozionanti.

Anche quest’anno la Rassegna Culturale EpliBriamoci si è fatta strada nel lungo cammino della sensibilizzazione della memoria libraria, della cultura e della scrittura includendo nel percorso i giovani studenti e il mondo della scuola.   
Di seguito l’elaborato vincente.

Non sento le tue urla

Sicché sei vivo parla. Sicché sei vivo, vivi. Sicché non sei me, non hai diritto a fare nessuna delle due. La tua vita deve essere trascorsa in una barca, sballottata di qua e di là, una continua traversata ciclopica. Ti piace il mare? Chiede tua madre. No, non ti piace il mare, non piace nemmeno a lei. Quanto conforto si prova nell’essere cullati dalle onde all’infinito. Ti piace nel naso l’acqua e nella bocca, e tutt’intorno? La tua vita è una barca, quella su cui hai messo piede dieci, dodici, ventiquattro ore fa, la barca su cui prima vedevi scritto libertà, ma adesso, non vedi più nulla, poiché è stata ricoperta di nero e di rosso. Tante, tantissime mani sono con te, tantissimi piedi, tantissime anime. Siete diversi, ma avete tutti un desiderio comune. E ti accorgi, mano a mano, però, che mani e piedi incominciano gradualmente a diminuire, le anime adesso fluttuano, le senti. Fluttuerai tra poco anche tu? Non dire sciocchezze, dice la mamma. Mamma, dove sei? Mi hai lasciato nel mare, ma non sono da solo. Le onde non mi piacciono più come un tempo. La nave se ne sta andando, si disgrega, hai paura di diventare parte delle onde. Cosa fai ogni giorno dalla mattina alla sera, figlio? Oh, mamma, sto fermo. Ricordi, mamma, quando a casa portavi per cena un contenitore di quei pesci tutti stretti tra loro? Quei buffi pesci, che se anche avessero avuto ancora vita, non sarebbero riusciti a muovere nemmeno una pinna. Ma come si chiamano? Ah! Le sardine! Oh, mamma, non vedo l’ora di ritornare ad essere un bambino normale, ormai son stanco di esser sardina, non ho più la forza di muovere una pinna. Non vedo l’ora di arrivare, di tornare a correre, di imparare, sì, anche come son fatti i pesci. E chissà quante scuole ci saranno per farlo. Sai, mamma, ne parlo ogni giorno, con chiunque me ne capiti sottotiro, di queste nuove scuole che ho la smania di vedere. Ma davvero? Ti dice. Davvero davvero. L’unica paura mia adesso è solo che questa barca non si fermi, poiché continua a muoversi, e muoversi, e non sono sicuro che smetterà mai. Ma dovrei esserlo, e lo sono, quando penso a tutto il grande mare che ho percorso per arrivare dove volevamo. E così, la mia anima non si perde, e riesce a trovare un’ancora per evitare di volare ad abbracciarti. Mamma, siamo quasi arrivati, ce la possiamo fare. La puzza di paura mi arriva fin su alle narici, mamma, la fiuto, la sento. Sento i bisbigli sommessi che alcune sardine si scambiano bisbigli diffidenti nei confronti dei nostri ospiti. Bisbigli speranzosi. Chissà se casa loro ha la porta aperta o chiusa. Riusciranno ad aprire la porta per noi? Sì, tesoro. E se non lo facessero? E perché mai non aprire la porta ad un bambino, il quale è puro come il cristallino scintillio delle acque? Mamma, siamo vicini, così vicini alla terra che sento le risate dei bambini, ma io non posso ridere o resterò su questa barca per sempre. La nostra “piccola barchetta” si avvicina sempre di più, e sorrido, mamma, oh, sorrido, e prendo un respiro così profondo di sollievo che non m’importa un accidenti di niente di tutta quella puzza di olio e carburante che mi entra nel naso. Siamo vicini, ma la porta è ancora chiusa. Ancora chiusa. Vedrai che si aprirà. No, mamma, non si sta aprendo, andremo a sbatterle contro. Perché non aprono? E perché i bambini non ridono più? Perché l’acqua si agita e vi è un tale odio negli occhi di coloro che, sulla sponda, ci guardano, ma non ci fanno entrare? Abbi fiducia, figlio mio. Oh, oh, ti prego apri. Perché mi guardi così? Perché mi osservi come se io non fossi te, perché non lo sono? Non sei anche tu un uomo? E se questo è un uomo, forse non sono sicuro di volerlo essere. Allora che ben venga, lasciami cullare dall’acqua in eterno. Sento la sabbia del fondale che mi invade le pupille, ma a te non interessa, che mi guardi con odio, e cerchi delle soluzioni dopo aver dato la risposta errata al tuo problema. Non hai il coraggio di sporti in acqua per guardarmi negli occhi, per vedere chi sono. Mamma, finalmente ti raggiungo. Il nostro viaggio ai confini del mondo è terminato, e ora che so i grandi misteri che vi sono in capo alla terra, mi abbandono, nella speranza che l’odio non distrugga nemmeno la più marcia delle persone. Quando vedrai i miei resti, infine, la voce del mio sangue urlerà a te dal più remoto degli abissi.
Giovanna Maria Tancredi
Ic Rende Centro